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L'apparenza inganna
Operaincerta, 14 maggio 2017
Il rugby, l’interminabile battaglia combattuta nel rispetto di rigide regole.
L’apparenza inganna. Quante volte ce lo siamo sentiti dire? E quante volte invece siamo stati noi a dirlo?
A volte usiamo questa formula per giustificare ciò che non sappiamo giustificare, altre volte, invece, sono i nostri occhi, i nostri sensi, a ingannarsi e a credere vero quello che non lo è.
Questo è ciò che accade a chi guarda una partita di rugby e, non conoscendone le regole e lo spirito, gli sembra di vedere solo delle persone in maglietta e pantaloncini che se le danno di santa ragione per rubarsi il pallone.
Non è così. Perché, se è vero che chi scende in campo per una partita di rugby non può pensare di non prendere qualche colpo, di non venire buttato a terra, è anche vero che non verrà mai preso a botte come se si trattasse di un incontro di pugilato o una rissa da bar.
Nel rugby, infatti, ci sono delle regole ben chiare che lasciano poco spazio alla voglia di menare che ci potrebbe essere in qualcuno dei giocatori.
Ad esempio, quando non hai l’ovale in mano puoi dormire sonni tranquilli: nessuno potrà sfiorarti perché la regola dice che puoi essere placcato, ti possono tirare per la maglietta o semplicemente ti si possono impedire di correre se non hai il pallone in mano. E se c’è qualcuno che lo fa, stai tranquillo che lo sta facendo sapendo che dopo sarà espulso per 10 minuti o per tutto il resto della partita, a seconda della gravità del fallo commesso.
Se invece hai il pallone in mano ti conviene correre veloce e non farti prendere dagli avversari perché in questo caso tutti hanno il diritto di bloccarti. Ma non a qualunque costo e con qualunque mezzo. Non ti possono sgambettare, non ti possono abbattere con un pugno, non ti possono agganciare al collo. Anche in questo caso la sanzione per chi non rispetta le regole è l’espulsione temporanea o definitiva.
E quando un gruppo di giocatori si abbassano, incrociano le loro teste e iniziano a spingersi? Quella si chiama mischia ed è così tanto regolamentata e osservata dall’arbitro (e dai guardalinee) che non conviene a nessuno commettere un fallo. Non si può, per esempio, tirare in basso il giocatore avversario (si rischia di fargli male al collo), non ci si può tirare indietro per fare crollare la mischia, non si può spingere prima che il pallone sia introdotto dal mediano di mischia, non si possono dare pugni all’interno del raggruppamento. Anche in questo caso, ci sono sanzioni per chi non rispetta che vanno dal richiamo verbale all’espulsione.
Un’altra cosa che non si può assolutamente fare è quella di toccare un giocatore quando è in aria, nel momento in cui sta per prendere l’ovale al volo. Basta solo sfiorare chi non ha ancora tornato a toccare terra per vedersi sventolare un cartellino giallo (espulsione temporanea) o, nei casi più gravi (se ad esempio il giocatore cade a terra con la testa), il rosso (espulsione definitiva).
E non crediate che, se vi viene voglia di dare un pugno all’avversario e l’arbitro per vostra fortuna non se ne accorge, avrete la certezza di averla fatta franca. Nel rugby la giustizia non va in prescrizione al triplice fischio finale. In settimana altri arbitri riguardano la partita e segnalano al giudice sportivo eventuali falli antisportivi commessi dai giocatori che, puntualmente, verranno squalificati per più settimane a seconda, anche in questo caso, della gravità del gesto.
Ci saranno squalifiche in vista anche per chi è già stato sanzionato in campo ma che a giudizio della commissione giudicante ha commesso uno o più falli che meritavano una punizione ancora più grande della semplice espulsione.
Ma allora com’è che ci sono giocatori che al termine della partita escono con un occhio nero o che si fratturano una mano? Perché il rugby resta sempre e comunque uno sport di contatto e, in quanto tale, gli scontri sono all’ordine del giorno, ne sono l’essenza.
Probabilmente aveva ragione il giornalista americano Henry Blaha quando ha detto che “Il rugby è uno sport bestiale giocato da gentiluomini”.
Se non fosse così sarebbe altro.