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La mia droga si chiama rugby

Operaincerta, 14 luglio 2016

 
INTERVISTA AL TEAM MANAGER DEL PADUA, CICCIO SCHININÀ.

 

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Francesco Schininà, per l’ambiente rugbystico “Ciccio”, 33 anni a novembre, una moglie e due figlie (quasi tre), un passato da scout, è un tossicodipendente molto “speciale”…
Ciccio, ciascuno di noi ha la sua droga: chi si fa di cioccolata, chi di sesso, chi di altro. Sbaglio se dico che la tua è il rugby?
Non sbagli. Ti confesso che, a parte un paio di giorni post campionato, non ho smesso di occuparmi di Padua&affini. C’è un lavoro “occulto” dietro tra telefoni e mail che non finisce mai... anzi, in estate aumenta.
Mi racconti come ti sei avvicinato al rugby?
Un mio amico giocava pilone sinistro nel Padua e mi stressava per venire al campo a vedere le partite. Iniziai a venire più per farlo contento che per vero interesse e le prime volte mi annoiavo anche perché non capivo nulla... Dopo un mese mi resi conto di essere andato ad una partita con 40 di febbre. Capii in quel di essermi ammalato di “rugbyte” e entrare nel Consiglio Direttivo della società.
Che cos’è fa sballare nello sport con la palla ovale?
Da quando mi sono avvicinato a questo sport ho sempre visto la mia squadra costretta a battersi con avversari più grandi e grossi. Questo fatto ci costringe a usare la testa e sfruttare a nostro favore l’altezza e il peso dei nostri avversari. E quando ti capita di guardare il rugby di alto livello, impazzisci nel vedere 9 geniali nani inventare e battere i più grossi di loro. È una cosa che mi manda in estasi.
Guardi solo il Padua o ti fai anche di altro? Quante volte a settimana?
Mi faccio di tutto, dal Super Rugby (il campionato che si gioca tra alla C2 del Molise a dosi ripetute e continue. Mi diverte soprattutto concentrarmi sulle minors, scovare giocatori con potenziale, studiare le squadre che possono arrivare nei playoff... Insomma, una malattia grave la mia (ride, ndr).
Hai mogli e figli. Come riesci a far convivere il rugby alla famiglia?
Solo grazie alla pazienza di mia moglie che fa sacrifici enormi per consentirmi di stare vicino alla squadra. La stagione appena conclusa, in particolare, è stata durissima. Ho una bimba di 7 anni e una appena nata ma sono riuscito a non saltare nemmeno una trasferta e a dare tutto sommato il mio apporto ai ragazzi e a coach German Greco. A Gennaio sarà praticamente impossibile con l’arrivo del terzo figlio e credo che le trasferte per un bel po’ saranno un miraggio. Mi concentrerò sul lavoro di scrivania e su un po’ di politica ovale.
Tu da anni all’interno del Padua hai il ruolo di Team Manager. Ci spieghi che cosa vuol dire e perché hai scelto questo ruolo?
In questi anni, grazie alla fiducia della società e dell’ambiente ho svolto il ruolo di TM in maniera un po’ più ampia, toccando spesso e volentieri le mansioni di un Direttore Sportivo. Il TM deve essere allo stesso tempo l’uomo di fiducia del coach e dei ragazzi, deve reggere costantemente il peso di un equilibrio sottile non semplicissimo da gestire. Da questo punto di vista lavorare con Pope (il nomignolo con cui è conosciuto da tutti l’allenatore paduino, ndr) facilita un bel po’ le cose perché il suo carisma è totale e i problemi di spogliatoio sono gestiti in perfetta sintonia. La parte pratica è soltanto questione di impegno, studio e dedizione e va dall’aspetto meramente burocratico (regolamenti, fogli gara, tesseramenti, squalifiche, etc) alle abilità organizzative per ciò che concerne soprattutto le trasferte lunghe.
In questi anni hai anche collezionato qualche presenza con la maglia biancazzurra. Meglio giocare o stare a bordocampo?
Non ti nego che se potessi comprare un ginocchio nuovo su Amazon proverei a mettermi in gioco realmente, ma onestamente do il meglio di me a bordocampo. Certo è che mettere a segno una meta (grazie al capitano paduino Peppe Iacono) e giocare un amichevole di prestigio contro i parigini del Sous Bocks e per di più a mediano di mischia (una follia di Pope e a tal proposito chiedo scusa ai 9 di tutto il mondo) sono due ricordi che mi lasceranno per sempre un bel sorriso. Sono cose che solo in una famiglia puoi realizzare.
Dalle tue parole e dal tuo sguardo capisco quanto sei “allucinato”. Ma anche altri che in qualche modo sono legati al rugby, giocatori, dirigenti, allenatori, considerando che ai livelli in cui gioca il Padua non ne possono fare una professione e addirittura pagano una quota perché la società continui a vivere, posso considerarli dei drogati di questo sport?
Chi più chi meno, se per stare dentro a questo sport si riduce a fare il volontario pagante, un po’ tossicodipendente deve esserci per forza.
Riuscirai prima o poi a disintossicarti?
Del tutto è impossibile, però per forza di cose da quest’anno dovrò drasticamente diminuire le dosi, almeno fin quando i bambini non saranno un po’ più grandi.
Ce la farai? Conoscendoti so sarà una sofferenza…
Lo temo…