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Strutture cercasi
Padua360°, 22 maggio 2016
INTERVISTA AL PRESIDENTE REGIONALE FIR ORAZIO ARANCIO.
Una vita passata nel rugby, prima da giocatore, poi da allenatore, adesso da dirigente.
Stiamo parlando di Orazio Arancio, bandiera del rugby siciliano, che da giocatore ha vestito le maglie di club prestigiosi (Amatori Catania, Milan, Tolone, Benetton Treviso) oltre che della Nazionale Italiana (34 le presenze azzurre) e che da tre anni è alla guida del Comitato Regionale Siciliano.
Con lui abbiamo fatto una chiacchierata per fare il punto sul momento che sta vivendo il rugby nostrano.
Orazio, allora, che momento sta vivendo il rugby siciliano?
Stiamo crescendo, soprattutto dal punto di vista della quantità, specialmente per quel che riguarda il settore giovanile.
Parli di quantità. E rispetto alla qualità, invece?
Per la qualità siamo più indietro rispetto alle altre regioni perché risentiamo della crisi economica che non ci permette di investire sui tecnici e sui dirigenti.
Uno dei nostri grossi handicap è quello dalle strutture, dalla carenza di campi idonei.
La nostra carenza strutturale è molto forte. A parte poche eccezioni, Catania, Ragusa, Caltanissetta, si gioca in campi inadeguati. Il nostro, in un certo senso, è un “non rugby” perché si gioca cercando di cadere a terra il meno possibile, nel quale si placca in modo non corretto, in cui sono tanti i punti d’incontro che si giocano stando in piedi.
Però, ciò nonostante, in Sicilia si continua a giocare a rugby e, come dicevi tu prima, c’è una crescita, quanto meno a livello giovanile.
Ci si riesce perché le società fanno salti mortali per trovare risorse e continuare l'attività. Noi come Comitato, stagione dopo stagione, cerchiamo di trovare formule che favoriscano le società garantendo comunque un numero minimo di incontri da giocare ogni anno, dando una mano anche alle società, diciamo così, periferiche, quelle al di fuori dall’asse Messina-Catania-Ragusa.
L’Under18 del Cus Catania da diverse stagioni gioca il campionato Elite e nel prossimo le squadre siciliane potrebbero essere due, se la Logaritmo riesce a fare il salto; i messinesi hanno in Elite la loro Under16. Alla fine i risultati stanno arrivando…
Sì, i risultati arrivano, e se riuscissimo a portare due Under18 in Elite sarebbe un grande successo. Triskele invece non ce l’ha fatta ma questi tre progetti, Cus, Triskele e Logaritmo, sono tutti validi e interessanti, e possono coesistere tutti e tre. Il nostro potenziale è alto, nonostante la mancanza di strutture. Peccato che non si riesca a capire che una società forte, in un movimento debole, è debole. Mentre essere la prima in Sicilia, in un movimento forte, sarebbe ben altra cosa. Come si fa a diventare forti? Bisogna iniziare a collaborare. Bisogna sfruttare al meglio le poche risorse che abbiamo, condividendo, essendo solidali tra di noi. Tutti i ragazzi hanno lo stesso diritto di praticare il rugby, sia che si appartenga a una società storica o a una appena nata. E poi bisogna giocare di più. Solo così si può entrare in competizione con le società del nord. Noi riusciamo a giocare al massimo 14 partite per stagione, al nord non ne fanno meno di 20. È anche lì la differenza. E poi ti dico un’altra cosa: su 70 tornei giovanili riconosciuti dalla Fir, 67 si giocano al nord, solo tre al centro-sud. Ti dice niente questa cosa?
Orazio, se a livello giovanile le cose tutto sommato non vanno troppo male, dove invece siamo molto indietro è nel settore Seniores.
Questo è una diretta conseguenza dei problemi di cui abbiamo parlato finora. Inoltre le società che cercano di emergere al di fuori della nostra regione, oltre a essere poche, si devono dissanguare per riuscire. E la litigiosità all’interno del movimento, non aiuta certo. Se ci pensi, le nostre giovanili sono diventate una sorta di vivaio per le società del nord. E questo, purtroppo, non solo nel rugby. Cosa fa un ragazzo di valore per migliorarsi ed emergere? Va, anche per un piatto di pasta, là dove sa che può avere sbocchi. Un ragazzo, dopo aver giocato per due anni in accademia, non si può giustamente accontentare di giocare in C o in B. Poi, certo, c’è anche il paradosso di preferire che uno dei nostri vada a giocare lontano piuttosto che darlo a un’altra squadra siciliana. Ma qui entrano in gioco altre cose.
Alla fine sei ottimista o pessimista per il futuro del rugby siciliano?
Ottimista, certamente ottimista. Tutto sommato siamo bravi ad andare avanti nonostante tutto. Nella speranza che tra di noi si riesca a dialogare di più e meglio.