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11, 14 e 15, il triangolo allargato

Ragusarugby, 7 maggio 2015

 
Peppe Gurrieri, Direttore Tecnico del Padua, ci spiega l'importanza dei numeri sulle maglie da gioco.

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Peppe, alla nostra squadra mancano ormai solo le ali e l’estremo, l’11, il 14 e il 15: il cosiddetto triangolo allargato. Iniziamo da questa denominazione: perché si chiama così?
Perché la sistemazione dei tre, nella fase difensiva, con le ali che si posizionano molto larghe e indietro rispetto alla linea dei trequarti e con l’estremo che sta ancora più profondo del solito, ricorda proprio un triangolo.

Parliamo delle ali, il 14 che sta a destra e l’11 che invece va a sinistra. Che differenza c’è tra i due?
Dal punto di vista fisico sono abbastanza simili. Diciamo che se uno dei due è un mancino in genere lo schieri a sinistra. E poi, siccome il gioco per la maggior parte del tempo si svolge nella parte destra del campo, spesso si utilizza il numero 11 nella seconda linea di attacco e per questo si preferisce che quest’ultimo sia un po’ più prestante fisicamente, in modo da poterlo usare come portatore di palla che attacca la linea.

Peppe, quando giocavamo noi, c’era l’ala chiusa…
È passata di moda… così come adesso non si schiera più ad ala il più scarso della squadra, come si faceva un tempo. Oggi l’ala, per il tipo di gioco, deve avere un’ottima tecnica di base.

Ecco, parliamo di questo. Che cosa deve saper fare un’ala?
Dev’essere veloce, il più veloce della squadra, deve avere un ottimo gioco al piede, dev’essere bravo in ricezione, avere un buon senso del contrattacco e dev’essere un grande placcatore.

Hai detto niente…
Non potrebbe essere diversamente, il rugby moderno lo pretende. Anche se in tutta la partita giocano pochi palloni, quelli che passano dalle loro mani non possono essere sprecati.

L’estremo, invece?
Il 15 deve avere le stesse caratteristiche delle ali, ma dev’essere più bravo di loro.

Perché?
Perché deve coprire un’area maggiore di campo. Il 60/70 % della larghezza del campo è di sua competenza. Quindi dev’essere veloce e avere un senso della posizione molto spiccata. Uno dei suoi compiti è anche quello di organizzare in prima battuta il contrattacco. Perché nel rugby moderno si usa molto il piede e dunque molti pallone li riceve proprio l’estremo. Per questo la sua visione di gioco dev’essere pari a quella di un’apertura.

Molto spesso, poi, lo si vede inserirsi nella linea dei trequarti.
Sì, e quando lo fa sembra che lo faccia a caso, invece sono tutti schemi studiati in allenamento e di volta in volta scelti in base alla giocata che si vuole fare.

Perché, se non è l’apertura a calciare le punizioni questo compito spetta all’estremo?
Semplice: perché dopo quello del 10, il miglior piede della squadra ce l’ha il 15, oppure in alcuni casi il 9.

La migliore ala?
Mi piace molto il gallese George North.

E tra gli italiani?
L’ala delle Zebre, Giambattista Venditti.

Il migliore estremo?
Decisamente l’australiano Chris Latham! Ha ormai appeso le scarpette al chiodo, ma quando giocava era molto forte in difesa e aveva un piede praticamente infallibile. Tra i giocatori in attività, anche se il placcaggio non è il suo pezzo forte, mi piace Leigh Halfpenny.

E tra gli italiani?
Non mi dispiace Luke McLean. Sta giocando benino, porta la palla avanti, ha un buon gioco al piede.