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Sul lettino del Padua / La caviglia

Ragusarugby, 2 marzo 2015

 
Traumi e contatti nel gioco del rugby.

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Onde evitare malintesi, chiariamolo subito: il lettino del Padua è il principale attrezzo di lavoro, insieme alle mani, che Andrea Buscemi, il fisioterapista ed osteopata della società biancazzurra, utilizza per “aggiustare” i giocatori che si fanno male.
Quindi niente argomenti pruriginosi o ambigui, ma solo una rubrica in cui il dottor Buscemi ci spiegherà a quali “rischi” va incontro chi gioca a rugby e cosa fare per guarire da traumi e problemi muscolari vari.

Andrea, iniziamo oggi una chiacchierata sul rugby, sul contatto fisico e sui relativi dolori, visto che il rugby è soprattutto un gioco di contatto. Dimmi subito se in questo sport i problemi sono soprattutto di carattere muscolare o articolare.
Il sistema muscoloscheletrico è un sistema unico, dunque è difficile fare differenze. Diciamo che le problematiche muscolari sono dovute soprattutto alla preparazione atletica e all’attività prolungata.

Dunque a livello muscolare i problemi che ha un rugbysta possono essere gli stessi che hanno gli atleti che praticano altri sport?
È così. C’è il gomito del tennista, la spalla del nuotatore, ma non c’è il ginocchio del rugbysta. Come vedremo più avanti, tra un po’ potrebbe invece esserci la caviglia del rugbysta.

Torniamo al rugby e ai contatti. Quali sono le zone più sollecitate?
Tenendo conto del tipo di sport, verrebbe da pensare che le problematiche siano soprattutto legate alle spalle o al busto. Invece, almeno dai dati in mio possesso, e che riguardano il lavoro che ho fatto in questi ultimi anni sia con il Padua che con il Cus Catania e l’Accademia FIR di Catania, i distretti maggiormente sollecitati sono le caviglie per quanto riguarda il pacchetto degli avanti, e la zona lombare del bacino per i trequarti.

Parliamo allora della caviglia del rugbysta? Perché proprio questa articolazione e non altro?
L’uomo di mischia tende a mettersi in una posizione di spinta e quindi il peso viene scaricato proprio sulla caviglia. Perché questa affermazione abbia un carattere ancora più scientifico bisognerebbe studiare anche squadre che giocano su terreni in erba e ben curati, per capire se queste problematiche siano legate anche alle condizioni del fondo. Visto che il dato emerge più sugli avanti che sui trequarti, sono propenso a pensare che il terreno, se influisce, lo fa in maniera molto relativa.

Dunque la caviglia è il punto debole dell’uomo di mischia. È un problema che colpisce allo stesso modo tutti e 8 i giocatori?
In linea di massima sì. Alle terze linee, invece, risultano anche problematiche relative al ginocchio, forse perché questi giocatori tendono a staccarsi dalla mischia per andare a raddoppiare sui trequarti e questo fatto crea uno stress al ginocchio.

Ma com’è che si arriva a questo genere di problematiche?
Ci se ne rende conto a seguito di distorsioni più o meno gravi, che arrivano a causa di uno sfiancamento del sistema legamentoso. Per dirla in modo semplice, pian piano l’apparato muscolotendineo va in progressivo affaticamento e magari verso la fine della partita la caviglia non è più supportata da una muscolatura efficiente, perché stanca, e basta un niente per farla “girare”.

Ci sono segnali che fanno capire all’atleta l’imminente arrivo del problema?
No, la struttura caviglia sottoposta a sollecitazioni non passa per una fase di dolenzia prima di arrivare a una forma di invalidità. O meglio, succede raramente e solo in atleti che hanno caviglie con pregresse distorsioni. Ma percentualmente si tratta di un 2 o 3 % dei casi. Le problematiche sulle caviglie emergono dal consulto a seguito di distorsioni più o meno gravi.

C’è un modo per evitare, o quanto meno ridurre, questo genere di problema?
C’è, ed è quello di fare degli esercizi mirati. Gli uomini di mischia, oltre ad essere sottoposti a regolari controlli osteopatici, dovrebbero inserire nel loro allenamento una serie di esercizi specifici per “irrobustire” le caviglie.

Che genere di esercizi?
Esercizi con pedane basculanti, con sfere e con tutto ciò che può essere d’ausilio per la propriocezione, cioè il controllo di sé. Bisogna far sì che l’atleta resti in equilibrio su questi attrezzi prendendo così coscienza delle proprie caviglie. L’obiettivo ultimo non è certamente quello di stare in equilibrio con tutto il corpo e non ma fare attenzione alla meccanica della caviglia per rimanere in equilibrio. Con questo genere di esercizi si possono ridurre del 100% i problemi alle caviglie causati da quanto prima detto.