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Vita da A

Ragusarugby, 1 marzo 2015

 
Giacomo Fedrigo, l'allenatore dell'Udine Rugby, ci parla del paduino Marco Giallongo e della sua vita (sportiva e non) nel capoluogo friulano.

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Il Padua conosce bene Giacomo Fedrigo: la scorsa stagione era l’allenatore/giocatore dello Svicat Lecce, da quest’anno invece siede sulla panchina dell’Udine Rugby, la squadra cioè dove da inizio campionato gioca Marco Giallongo, l’atleta ragusano, di proprietà della società iblea, ceduto in prestito alla squadra friulana.

Giacomo, iniziamo dalla tua squadra. L’Udine sta disputando il campionato di serie A e, al termine della prima fase, essendosi classificata al terzo posto ha conquistato il diritto a disputare la poule promozione. Adesso però i bianconeri hanno rallentato, inanellando 3 sconfitte su 3 partite. Che cosa succede?
In questo momento abbiamo qualche problema di formazione, soprattutto in mischia. Ci mancano 4 o 5 uomini. In più abbiamo sbagliato qualche partita, ed ecco spiegato il perché dell’attuale situazione. Non ne siamo preoccupati perché nei programmi societari non c’è l’obiettivo della promozione in Eccellenza e quindi stiamo vivendo questo momento senza troppe pressioni. Il nostro obiettivo minimo era la salvezza e una volta raggiunta si gioca per fare esperienza e andare quanto più lontano possibile. E anche fare bella figura, è chiaro. I ragazzi devono prendere coscienza del fatto che sono in grado di giocare anche ad alti livelli.

Con i bianconeri gioca Marco Giallongo. Raccontaci come si sta comportando il nostro ragazzo?
Marco finora ha fatto bene. È arrivato in una categoria importante, in una società che è a più di mille chilometri da casa e quindi poteva avere grossi problemi di ambientamento. Invece ha reagito bene al cambiamento e sta facendo passi enormi anche se deve ancora farne tanti. Deve migliorare tecnicamente e nell’approccio tattico alle gare. Ma sono cose che arrivano pian piano. In questo scorcio di stagione ha disputato delle belle partite, in altre invece ha reso di meno forse perché sentito di più la pressione, dato che gioca accanto a ragazzi che hanno tanta esperienza e che quindi in campo sono più disinvolti di lui.

Beh, ha fatto un grande salto, dall’Under18 di una squadra di serie B direttamente alla serie A.
Infatti. E questa esperienza gli servirà tantissimo, anche quando si attraversano momenti difficili e si fa tanta gavetta. Si, perché Marco vorrebbe giocare sempre e invece ogni tanto rimane inattivo a scaldare la panchina. Questo fatto non lo vive proprio bene ma, guardando la cosa da un altro punto di vista, per me è un ulteriore motivo per essere contento di lui visto che ce la mette sempre tutta per essere titolare. A Marco non basta essere il secondo di qualcuno.

Come mai ogni tanto va in panchina?
In squadra c’è un mediano di mischia, Francesco Barella, che, pur essendo giovane anche lui, ha più esperienza di Marco. Francesco sbaglia meno, Marco invece è più veloce, ha migliori qualità fisiche. Quello che al momento gli manca è solo l’esperienza.
Comunque Marco ha giocato non poco, per essere alla prima esperienza in questa categoria. È stato titolare nelle prime partite della stagione e poi nell’ultima. In mezzo è partito dalla panchina ed è subentrato nel secondo tempo. Due volte l’ho anche schierato ad ala ma lui non ha apprezzato, non gli è piaciuto il ruolo. In questa seconda fase ha giocato a Colorno e quella è una partita difficile perché in quella squadra vi militano giocatori che arrivano dall’Eccellenza. Quella volta non ha fatto male, nonostante gli avversari fossero molto più forti di noi.

E fuori dal campo come va?
Marco si è integrato piuttosto bene. In appartamento sta con altri quattro giocatori e tra i cinque è quello più serio, forse perché l’impegno scolastico lo vincola molto mentre gli altri hanno tanto tempo libero. La società gli ha messo a disposizione un motorino per muoversi e lo vedi che va in giro, da indipendente. Posso certamente dire che qui si sta trovando bene. E non era affatto una cosa scontata, considerando la lontananza da casa, il clima, la scuola diversa, il dialetto. Ma lui è molto determinato e la società è contenta di lui perché è un tipo che non molla mai.

Che cosa vedi nel suo futuro?
Per il momento ha la scuola. So che ha fatto un paio di concorsi, ma sono di quelli molto difficili da superare. Io gli auguro di poter continuare a studiare anche perché la società ha una convenzione con l’università e quindi potrebbe farla senza grossi problemi. Se invece ti riferivi al rugby, sono convinto che giocherà ancora per molto tempo. Diciamo che aspetterà che Ragusa arrivi in A per così poter tornare a casa.

E allora mi sa che dovrà aspettare ancora un po’… e invece nel tuo futuro?
Non lo so ancora. Vivo molto alla giornata. Con Udine finora è una bella esperienza; a fine stagione ci incontreremo con la dirigenza e vedremo se ci sono le condizioni per continuare la collaborazione. Ti confesso che sono molto legato a San Donà di Piave, la mia città, e ogni tanto mi viene nostalgia di casa. Vediamo.

Giacomo, lo segui ancora il campionato di B?
Seguo soprattutto lo Svicat e il Padua. I salentini per ovvi motivi, mentre la squadra ragusana perché in quella società ho un paio di amici tra cui Ciccio Schininà con il quale ci siamo sentiti un paio di volte e che mi aveva promesso, nel caso in cui il Padua si fosse salvato, mi avrebbe mandato un vassoio di cannoli. Mi sa che devo venirli a prendere la prossima volta che vengo in Sicilia. Così, con la scusa, vengo a fare un terzo tempo da voi… i vostri cannoli, ricotta, cioccolato e crema, me li ricordo ancora. Buonissimi!