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6, 7 e 8, la terza linea

Ragusarugby, 31 gennaio 2015

 
Peppe Gurrieri, Direttore Tecnico del Padua, ci spiega l'importanza dei numeri sulle maglie da gioco.

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Peppe buongiorno, dopo un pausa un po’ più lunga del previsto ci ritroviamo a parlare di numeri. Oggi conosceremo il 6, il 7 e l’8, le terze linee. Per la prima volta mi trovo in difficoltà con una traduzione. Oggi parliamo delle terze linee e chi gioca con il 6 e il 7, le terze linee ali, si chiamano Flanker. Ma cosa vuol dire Flanker?
Non lo so! Non ne ho la più pallida idea. In questo caso abbiamo fatto nostra la dizione inglese. Volendo fare una battuta, si chiamano così perché stanno ai “fianchi”.

E se ti chiedo perché invece la terza linea centro si chiama semplicemente Numero Otto mi sai rispondere?
Mi dispiace ma anche in questo caso non so rispondere. Come per i flanker, si utilizza la dizione inglese. Di più non so.

Allora lasciamo perdere i significati e parliamo del loro ruolo.
Sono tre giocatori di mischia, che hanno come caratteristica quella di essere molto fisici e al tempo stesso veloci. Inoltre devono essere dei grandissimi placcatori, soprattutto i flanker. A differenza degli altri avanti, il compito delle terze linee non è tanto quello di spingere ma, piuttosto, quello di stabilizzare la mischia.

Parliamo dei due flanker. Il 6 è chiamato Blinkside perché gioca sul lato chiuso, mentre il 7 è l’Openside perché si schiera sul lato aperto. Che differenza c’è tra i due giocatori?
Nel rugby moderno entrambi hanno ormai le stesse caratteristiche, ma teoricamente, ad ogni mischia, a seconda di dove si svolge, il 6 dovrebbe schierarsi sul lato chiuso dello schieramento e il 7 su quello aperto. Perché, sempre teoricamente, il 6 dovrebbe essere più pesante e lento ma con placcaggio più potente, mentre il 7 dovrebbe essere più veloce e più efficace del compagno nel placcaggio. Ormai, invece, visto che i due giocatori si equivalgono, ciascuno gioca fisso su uno dei due lati della mischia.

Dimmi del Numero Otto.
Un tempo, fisicamente era molto più pesante degli altri due compagni di reparto e anche più veloce, perché spesso nelle fasi di attacco veniva utilizzato come primo portatore di palla, ma ormai, sempre più spesso, le differenze fisiche sono azzerate.

Le terze linee spesso si ritrovano a giocare in mezzo a trequarti.
Sì, è vero, soprattutto il 7 e l’8 sono utilizzati come portatori per andare a scardinare la difesa avversaria. Comunque è il numero 8 il ruolo principe nel gioco aperto. È un grande portatore di palla, va a contatto, fisicamente è dotato e quindi riesce ad avanzare anche quando è placcato, riuscendo così ad andare oltre la linea del vantaggio.

In touche invece che cosa fanno e qual è la differenza tra di loro?
Il 6 e il 7 sono alzatori, mentre l’8, essendo anche molto alto, viene a volte utilizzato come saltatore. Normalmente il 7 si posiziona a fondo touche in modo da poter essere il primo a portare pressione sull’apertura avversaria. Nel penultimo blocco si utilizzano il 6 o il 8 perché, essendo più pesanti, devono solo coprire l’interno del 7.

La touche a volte si trasforma in maul e l’ultimo uomo ne diventa il timoniere, colui cioè che la guida. Spetta a una terza linea questo compito?
Dipende dallo schema che si sceglie. In genere a strappare, si dice così, è il saltatore del blocco che non conquista. Quindi non è raro che sia l’8. Un tempo a strappare era il tallonatore, ma ormai non più perché rallenterebbe la formazione della maul.

Quando l’uomo che segna una meta passa tra i mediani si tende a dare la colpa al flanker. Perché?
Perché il flanker non è andato a coprire il canale dell’apertura. Quello è uno dei canali che si tende ad esplorare più di sovente perché in generale le aperture non sono molto forti nel placcaggio. Sperando che il flanker che difende sia in ritardo. In una situazione simile il 7 è fondamentale.

Qualcuno ha detto che per giocare numero 8 ci vuole più fegato di altri perché sei costretto a mettere la testa dove la pulizia non arriva mai.
Credo lo dicesse Jean-Pierre Rives, un flanker francese degli anni settanta e ottanta. Essendo l’interno del 7, se tutto riesce come previsto, è normale che l’8 sia il primo a mettere le mani sul pallone e di conseguenza è il primo a prenderle di santa ragione nel sostegno di conservazione. Anche per questo il numero 8 dev’essere molto dotato fisicamente.

Peppe, una delle precedenti puntate di questa rubrica mi dicevi che in squadra occorrono due “figli di puttana”, il mediano di mischia e il tallonatore. Ma per quello che mi hai detto finora, se anche i flanker lo sono un po’ non mi pare sia un male…
E infatti i numeri 7 spesso sono fallosi, anche quelli di caratura mondiale. A me non piace tanto questo genere di giocatori. Non dico che non li vorrei nella mia squadra, ma se fossero più disciplinati li gradirei maggiormente.

L’8 allora è dunque più serio?
Non è che è più serio… diciamo che non è quello che, in prima battuta, va a inficiare il gioco d’attacco avversario e quindi ha meno occasioni per commettere fallo.

Le migliori terze linee?
Cercando nel passato, Jean-Pierre Rives, un giocatore normodotato, potrei dire anche piccolo, niente a che vedere con i flanker che si vedono al giorno d’oggi, ma che aveva una voglia di giocare e di distruggere il gioco avversario senza eguali. Tra i contemporanei mi piace il capitano degli All Blacks, Richie McCaw.  Come numero 8 direi il nostro Sergio Parisse, che non è secondo a nessuno.

E tra gli italiani?
Simone Favaro, che ultimamente è migliorato tantissimo dal punto di vista della disciplina. Prima era un uomo che poteva costava anche 12 punti a partita. E anche per quanto riguarda il gioco alla mano sta crescendo.  Mi piacciono anche Paul Derbyshire e Alessandro Zanni. In effetti in terza linea non siamo messi male. Le nostre carenze sono altrove.

Già… e questo sarà l’argomento delle prossime puntate…