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A muso duro
Operaincerta, 14 ottobre 2006
Un ritratto di Pierangelo bertoli.
Parlando di muri, di barriere, non si può non parlare di Pierangelo Bertoli, un cantante che ha vissuto la sua vita su una sedia a rotelle e che si è battuto perché le barriere, sia fisiche che culturali, scomparissero.
Tanti anni fa, quando avevo da poco smesso i calzoni corti, ho avuto la fortuna di assistere a un concerto di Pierangelo Bertoli e, oltre al bel ricordo che ne conservo, mi è rimasto impresso il momento in cui sul palco si sono spente le luci e Bertoli è entrato in scena portato sulle spalle da un suo collaboratore. Ecco un’immagine forte per far capire com’è difficile vivere il quotidiano quando non si è “normodotati”.
Pierangelo Bertoli fin dal suo primo disco, Rosso colore dell’amore, pubblicato nel 1973 da una piccola casa discografica modenese, si è caratterizzato come un artista impegnato sia dal punto di vista politico (“E mi viene da pensare che la lotta col padrone / è una lotta tra l'amore e l'egoismo, / è una lotta con il ricco, che non ama che i suoi soldi, / ed il popolo che vuole l'altruismo”, Rosso colore) che sociale (“Ben altro che pace e lavoro ci hanno portato / davanti alle fabbriche schierano il carro armato / e radono al suolo le case ed i forni del pane / perché tutto un popolo in lotta patisca la fame”, Non vincono).
Con testi che rifiutano le eleganze formali ma che sono chiari e schietti, con canzoni che raccontano di emarginazione, sopraffazione, utopia, il cantautore modenese si fa subito notare nell’ambiente musicale e già il suo terzo album, Eppure soffia, viene pubblicato, nel 1976, da una grossa casa discografica.
Pierangelo Bertoli è stato anche un precursore. Sua è quella che probabilmente è stata una delle prime canzoni ecologiste nella storia della canzone italiana, Eppure soffia (“E l'acqua si riempie di schiuma il cielo di fumi / la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi / uccelli che volano a stento malati di morte / il freddo interesse alla vita”), un manifesto in musica contro l’inquinamento e lo sfruttamento ambientale; è lui il primo a parlare di corruzione nella politica, in qualche modo anticipando lo scandalo di “mani pulite”, con Italia d’oro, presentata al festival di Sanremo del 1992 (“E torneranno a parlarci di lacrime dei risultati della povertà / delle tangenti e dei boss tutti liberi / di un'altra bomba scoppiata in città / Spero soltanto di stare tra gli uomini / che l'ignoranza non la spunterà / che smetteremo di essere complici / che cambieremo chi deciderà”); è lui uno tra i primi artisti che abitualmente cantavano in italiano a cantare alcune sue canzoni in dialetto e a pubblicare, nel 1978, un intero album, S'At Vien in Meint, esclusivamente dialettale, ben prima di Creuza de ma di De Andrè.
Ma nelle canzoni di Bertoli non c’era solo l’impegno. L’amore è stato un altro dei grandi temi per le sue canzoni, anche se nei suoi lavori “amore” non sempre faceva rima con “cuore”. Pierangelo Bertoli spesso cantava l’amore anticonformista (“Per dirti t'amo, amo te, / bastava solo che guardassi intorno a me / per dirti ti vorrei sposare,/ è giusto dirlo, dirlo in modo naturale”, Per dirti t’amo), l’amore contrastato (Ho amato pazzamente una ragazza / E lei aveva gli occhi di velluto / Mi amava solo quando le pareva, /a volte le ero quasi sconosciuto”, Un’altra volta), l’amore incerto (“Dimmi, dimmi mio Signore, dimmi, se tornerà / quell'uomo che sento meno mio ed un altro mi sorride già / scaccialo dalla mia mente, non indurmi nel peccato / un brivido sento quando mi guarda e una rosa egli mi ha dato / una rosa lui mi ha dato”, Pescatore).
Bertoli è stato anche un personaggio scomodo. Nonostante il discreto successo ottenuto, non era frequentatore di salotti televisivi: un uomo in carrozzella avrebbe turbato le famiglie che passavano le loro domeniche davanti al teleschermo. E poi era rischioso ospitare qualcuno che non aveva peli sulla lingua e che parlava e cantava senza ipocrisie e falsità. Certi momenti, nella quale Bertoli si pronuncia con rabbia contro la legge sull’aborto che permette ai medici di dichiararsi “obiettori” e per questo rifiutarsi di praticare gli aborti, ne è un tipico esempio (“Adesso quando i medici di turno rifiuteranno di esserti d'aiuto / perché venne un polacco ad insegnargli / che è più cristiano imporsi col rifiuto / pretenderanno che tu torni indietro / e ti costringeranno a partorire / per poi chiamarlo figlio della colpa / e tu una Maddalena da pentire”).
A Pierangelo Bertoli va anche il merito di aver fatto conoscere al grande pubblico sia Fiorella Mannoia (è sua la voce femminile in Pescatore) che il gruppo sardo dei Tazenda, con i quali ha cantato a Sanremo nel 1991, Spunta la luna dal monte. E a proposito di questa canzone, gli fu chiesto come mai avesse scelto di collaborare proprio con artisti sardi (va ricordato che fino a quel momento, a parte la parentesi “Maria Carta”, nessun artista sardo aveva raggiunto il grande pubblico), rispose che lui amava la musica sarda perché utilizzava gli accordi in “maggiore” e che per questo le melodie risultavano allegre, a differenza di quelle siciliane che, usando accordi in “minore”, suonavano tristi. Era una persona che aveva voglia di allegria, di cantare gioia.
Ma l’impegno di Pierangelo Bertoli non si fermava alla musica. Essendo poliomielitico e vivendo su una sedia a rotelle (a questa sua condizione aveva anche dedicato un disco, Sedia elettrica), nel 1989, per sostenere la campagna per l’abbattimento delle barriere architettoniche, promossa dalla “Lega per l'emancipazione dell'handicappato”, accettò di essere il protagonista di uno spot televisivo, per il quale vinse anche un Telegatto. Nello spot si vede un motociclista che sbanda e cade sull’asfalto. Un uomo in carrozzina, Bertoli, vuole chiamare un’ambulanza ma non riesce a entrare nella cabina telefonica. Lo spot è chiuso dalla scritta “Oggi in Italia gli handicappati non possono usare la città – Questo è ingiusto e incivile”. Nel 2005 lo stesso spot è stato riproposto ma questa volta era chiuso dalla scritta “Grazie a Pierangelo Bertoli alcune barriere non ci sono più”.
Pierangelo Bertoli è morto nel 2002, a 59 anni.
A rinunciare vince la paura e di paura ce ne ho avuta molta
Ma vivere significa lottare e allora la paura non importa
Domani è un altro giorno
(Un'altra volta, Pierangelo Bertoli)