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Turismo, questo sconosciuto
La Città, 14 ottobre 2006
ECCO I LIMITI DELLA NOSTRA OFFERTA. ED I MOTIVI PER CUI NON RIUSCIAMO AD ATTRARRE IL TURISTA CHE CHIEDE ARTE E CULTURA
Da qualche anno Ragusa si e scoperta città a vocazione turistica. Prima vi si producevamo provole, pomodori e lattughe, adesso cerchiamo turisti da ospitare e rifocillare, complici le bellezze architettoniche, le spiagge e il commissario Montalbano.
Ma veramente l’economia ragusana può diventare a trazione turistica? E che genere di turismo può e vuole richiamare la nostra città?
Da più parti si dice che il nostro dev’essere un turismo d’élite, ricercato, e che occorre destagionalizzare i flussi turistici. È veramente questa la direzione verso cui ci stiamo muovendo? E con quali risultati?
Guardando le statistiche che riguardano le presenze nelle strutture ricettive della nostra città (ci sono state gentilmente fomite dal dottor Glauco Bisazza, responsabile dell’Ufficio Statistica dell’Aapit di Ragusa) vi si può leggere una crescita nel numero sia di turisti che di notti trascorse nelle nostre strutture ricettive (alberghi, B&B. villaggi turistici). In agosto, per esempio, che è il mese che da solo conta quasi il 75 percento delle presenze di un intero anno hanno pernottato nella nostra città poco più di 21.000 turisti per un totale di oltre 115.000 notti (vuol dire che ogni persona, in media, si e fermata per cinque giorni e mezzo) mentre lo scorso anno avevamo avuto 18.000 turisti e 113.000 pernottamenti.
Ma non è tutto oro quello che luccica. Perché, se da un lato, grazie alle nostre spiagge, ai nostri fondali, il turismo marino è il comparto che vede le maggiori presenze, dall’altro, il turismo prettamente culturale, che poi è quello che si vorrebbe privilegiare e provare a spalmare in quanti più mesi possibili, incide solo per un misero 3 percento sull’intera presenza turistica. Ben poco per definirsi città d’arte e di cultura.
Quali sono, allora, i limiti delia nostra offerta? Perché non riusciamo ad attrarre il turista che chiede arte e cultura?
Qui entra in ballo la fortunata serie televisiva del commissario Montalbano, che ha messo in vetrina la nostra città e le sue bellezze indirizzando così nelle nostre piazze diverse migliaia di turisti. L’effetto Montalbano, prima o poi, però finirà e se la città non si farà trovare pronta correrà il rischio di perdere la sua attrattiva. Allora bisogna puntare sul barocco, che è la nostra vera ricchezza.
Per valorizzare questa risorsa, però, ci vogliono capacità, organizzazione, razionalizzazione, risorse economiche, progetti.
Trovarsi, per esempio, con il duomo di San Giorgio, che è ormai il simbolo di Ibla, ancora “impacchettato’’ a causa di un restauro interminabile, è una cosa che ci fa capire quanta poca attenzione si presta a questi aspetti.
E poi, come si può pretendere di spalmare su più mesi il turismo se in pratica l’offerta culturale e limitata a poche iniziative, e quelle manifestazioni che potrebbero richiamare l’attenzione e fare da volano per una maggiore crescila turistica, come Ibla Buskers o Ibla Grand Prize, si lasciano morire per l’inerzia e l’assenza delle Amministrazioni locali?
A parziale giustificazione di questo disinteresse si potrebbero invocare i tagli che il Governo nazionale ha in questi anni operato nei confronti degli enti locali e l’instabilità politica con cui Ragusa ha dovuto fare i conti nell’ultimo periodo.
Però, la scelta di non utilizzare piccoli bus elettrici per il centro storico di Ibla, la mancanza di un’adeguata segnalazione turistica e di servizi igienici pubblici, l’utilizzo di cassonetti non adeguati al contesto e difficili da usare per le persone anziane e non solo (quando invece si parla tanto di turismo della terza età, più disponibile a muoversi nei mesi in cui il caldo e meno asfissiante), la contemporanea chiusura, nello stesso giorno, di quasi tutte le attività legate alla ristorazione, non è certo dovuta all’instabilità politica, o solo ai tagli sulla finanziaria, quanto alia miopia e all’incompetenza dei nostri amministratori locali e dei nostri imprenditori, che, tra l’altro, non trovano il coraggio di investire in modo massiccio in quello che potrebbe diventare il business dei prossimi anni. Perché al momento i turisti arrivano numerosi, tra un paio d’anni probabilmente arriveremo a superare la soglia del milione di presenze annuali, una cifra che fino a sette o otto anni fa era folle immaginare, ma se questi stessi turisti tornano a casa insoddisfatti e scontenti, perderemo quel grande ed efficiente mezzo pubblicitario che è il passa parola con la conseguenza di veder dirottati importanti flussi turistici su altri siti, meno cari e più efficienti.
Ci mancano le strutture e, forse, la mentalità dei nostri amministratori non è votata al turismo. Ad esempio, nei piani regolatori delle città, è raro che si prevedano strutture destinale al turismo. Probabilmente il settore non è ancora visto come un’occasione di lavoro e un modo per investire e guadagnare.
Anche il costruendo porto di Marina di Ragusa potrebbe diventare un’opportunità per far decollare un certo tipo di turismo elitario. Riuscire a creare una sorta di sinergia tra il porto di Marina e quelli di Pozzallo, Donnalucata e Scoglitti, per poi proporsi ai circuiti nautici può essere un modo per attirare quel viaggiatore d’élite che da tanti è vagheggiato ma che non tutti hanno chiaro che cosa sia.
Una simile possibilità, pero, necessita di un’offerta, in termini di alberghi e ristoranti, di un certo genere. Chi viaggia con un’imbarcazione da diversi milioni di curo, per esempio, non si accontenterebbe certo di dormire in un albergo da tre stelle. Bisognerebbe allora costruire strutture ricettive di livello superiore. Il nostro problema è che tutta la zona costiera del Ragusano non ha più spazi liberi perché negli anni del boom edilizio si è costruito in modo esagerato e adesso gli unici posti in cui sarebbe possibile realizzare una struttura alberghiera distano diverse centinaia di metri dalia costa. Eun albergo così distante dal mare perderebbe il suo appeal.
Per rimanere sull’argomento “prezzi”, bisogna anche dire che da noi non si spende poco. Per una stanza con letto singolo in un albergo a tre stelle, in alta stagione, ci riferiamo al mese di agosto, non si riesce a spendere meno di 70 curo. Provate a cliccare sui sito di un qualunque albergo della costiera romagnola e troverete alberghi di pari livello che vi offrono un letto anche a 50 euro per notte.
Il dottor Bisazza ci ha spiegato che questa differenza è dovuta ai fatto che nella costiera adriatica si lavora tutto l’anno mentre dalle nostre parti la stagione nella quale si lavora a pieno regime non dura più di 50-60 giorni. Ma provate a spiegare che a Ragusa una vacanza di una settimana per una famiglia di quattro persone può costare anche 500 curo in più di quanto sarebbe potuta costare a Rimini solo perché qui le persone vengono solo in agosto. Crediamo che nessuno capirebbe. Se poi volete farvi ancora più male, provate a prenotare un albergo a due stelle (ma paragonabile ai nostri tre stelle) in Francia: spendereste non più di 60-65 euro per una stanza da uno a tre posti letto.
Ma le maggiori differenze con le altre località turistiche si trovano soprattutto nel campo della ristorazione. Una cena, alla nostra famiglia tipo, che già ha speso 500 euro in più per tuffarsi nel nostro mare e per passeggiare per le viuzze di Ibla, può costare anche 150 euro e difficilmente scenderà al di sotto di 60 euro, ma a condizione recarsi in un agriturismo. Forse i nostri ristoratori non si sono ancora resi sconto che Ibla non è Venezia.
Per chiudere, vi diciamo che la Regione Sicilia ha decretato l’inutilità delle Aapit (Azienda Autonoma Provinciale per l’Incremento Turistico) e na ha disposto la chiusura. In origine doveva avvenire il 30 giugno di quest’anno, poi è stata prorogata al 31 dicembre.
Così facendo la Regione riuscirà a risparmiare qualche euro all’anno. Peccato che in questo modo, però, le professionalità maturate nel corso degli anni andranno ad essere perdute sempre.
Ecco un altro modo per fare capire che sul turismo non si sta realmente investendo.