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Il fascino del Tellesimo
La Città, 15 luglio 2006
Continuiamo a proporvi i nostri percorsi lungo le cave dell’area Ible
Anche per questo numero “La Citta” vi propone, con la collaborazione delle guide ambientali escursionistiche dell’Associazione Kalura (www.kalura.org) di Ragusa, un percorso attraverso una delle tante cave presenti nel territorio ibleo. La cava, lo ricordiamo, è una sorta di canyon naturale creato dal lento scorrere dei fiumi nel corso del tempo.
Prima di iniziare, però ci corre l’obbligo di correggere alcune imprecisioni rispetto a quanto detto su cava Misericordia nel numero scorso.
Il torrente che si attraversa è il San Leonardo, non il Mastratto come erroneamente riportato, mentre per attraversarlo non esiste nessun ponte e bisogna a tutti gli effetti guadarlo.
Il Romitorio è gestito, oltre che da Legambiente, anche dal C.A.I. (Club Alpino Italiano).
Infine, l’urvo in realtà ormai, grazie ad un viottolo tracciato dalla Corpo Forestale e dal C.A.I., si può agevolmente raggiungere.
E adesso, partiamo!
Quest’oggi vi accompagneremo alla scoperta della cava dei Servi e del torrente Tellesimo, un corso d’acqua che percorre per intero la cava per poi andarsi a gettare nel fiume Tellaro, che a sua volta andrà a sfociare a mare nel territorio della riserva di Vendicari. La Cava dei Servi, detta anche Bellocozzo, è una cava dalle pareti a strapiombo e traforate da diverse grotte rupestri; percorrendola è possibile seguire, dall’alto, l’intero percorso del Tellesimo (circa 15 km), dalle sorgenti in contrada Beliocozzo fino alla confluenza nel Tellaro, tranne gli ultimi 4 km circa che si possono percorrere soltanto immergendosi nell’acqua e “camminando” per circa 3-4 ore. E noi vi sconsigliamo di farlo senza una guida...
Il torrente Tellesimo è anche uno dei siti più famosi per la presenza della trota macrostigma, la trota endemica dei monti Iblei, una specie non ancora contaminata da alcuna ibridazione. Per questo motivo, tutto il percorso del torrente è monitorato dai volontari di Legambiente, coordinati dal responsabile, dottor Antonino Duchi.
Il nostro percorso parte da San Giacomo, una frazione montana di Ragusa e per arrivarvi bisogna scendere a Ibla, prendere la strada per Giarratana e, poco dopo aver lasciato Ibla, girare a destra e imboccare il piccolo ponte sul fiume Irminio. Da qui la strada, detta della “salineda”, comincia a salire e, dopo alcuni tornanti, si arriva al bivio, detto “La Balata di Modica”. Girate a sinistra (a destra andreste a Modica) e poco dopo si arriva a San Giacomo.
Prendete quindi la vecchia strada per Noto e seguitela fino ad arrivare ad una biforcazione: la strada principale curva a sinistra, voi invece proseguite diritto (non bisogna quindi seguire le indicazioni “Noto-Maiazzè”) fino a che la strada non si ferma davanti ad un cancello verde. È lì che inizia il nostro percorso.
Parcheggiate la macchina, scavalcate il muretto (il cancello e chiuso proprio per impedire l’accesso alle vetture) e iniziate a percorrere la stradina bianca tracciata dal Corpo Forestale.
Quasi subito si fa il primo suggestivo incontro: un piccolo dolmen, uno dei pochi presenti nel nostro territorio, storicamente legato a quelli presenti a Malta. Purtroppo il dolmen è parzialmente franato e ricoperto dalla vegetazione, dunque è difficile riuscire a individuarlo. Per darvi un riferimento, vi diciamo che il dolmen si trova alla vostra destra, in mezzo ai pini, una ventina di metri dopo il cancello.
Riprendendo il cammino, poco dopo, arrivate a uno slargo. Qui ci sono delle scalette in pietra che vi permetteranno di scendere fino ad un urvo, detto “urvu ‘a campana” (ricordiamo che l’urvo è una sorta di marmitta carsica), dove si trovano alcune sorgenti, intercettate con delle fontane, e dunque potrete rinfrescarvi e bere un sorso d’acqua. La vegetazione dell’urvo, come di tutta la cava, è piuttosto integra e l’ombra che troverete vi inviterà a una “lunga pausa di riflessione”.
Gli alberi presenti, in questa, come nelle altre- cave del nostro territorio, sono soprattutto il platano orientale, un albero endemico, il pioppo, il carrubo e la macchia forestale reimpiantata dal Corpo Forestale.
A proposito del platano orientale, presente oltre che nella nostra zona solo in Medio Oriente e in Nord Africa, bisogna sapere che questi alberi sono malati. La curiosità sta nel fatto che sono stati contagiati da un fungo arrivato nel nostro territorio con le casse delle munizioni che l’esercito americano aveva portato con sé: le casse erano fatte con legno di platano occidentale malato!
Prima di lasciare l’urvo avete un’altra “missione” da compiere: trovare le Ddieri (viene dall’arabo e significa casa) che altro non sono che delle abitazioni rupestri scavate nella roccia. Se riuscite ad individuarle abbandonate l’idea di visitarle: sono pericolanti e dunque può essere pericoloso anche solo avvicinarvisi.
Visto che parliamo di pericolo, è bene dire che la cava dei Servi non è messa in sicurezza. Le pareti sono ripide e il greto è largo; ciò, di per sé, favorisce le frane. In più, la pietra di questa cava e marnosa e l’argilla è presente in percentuale maggiore rispetto al calcare e per questo motivo la pietra risulta essere più tenera rispetto ad altre. Quindi scendere giù, sul greto del torrente, può essere pericoloso ma finché restate in alto, sulla stradina, non rischiate nulla.
Se siete scesi giù nell’urvo, adesso risalite, riprendete la stradina bianca e continuate a percorrerla (la direzione è sud, sud-est), costeggiando sempre la cava e dunque il Tellesimo, fino ad arrivare ad un cancello.
Poco prima di arrivare a questo cancello, sulla sinistra, ci sono delle scale, anche queste fatte dal Corpo Forestale, chiamate “Scale Vacche”. Scendendo giù, arriverete a dei laghetti, a degli urvi. È una zona molto bella, con una vegetazione rigogliosa, nella quale potrete rilassarvi e riposare, e, se ne avete voglia, anche fare il bagno perché nei laghetti c’è parecchia acqua.
Fate il bagno, fate merenda, ascoltate il silenzio della natura e, quando vi sentirete freschi e riposati, riprendente le vostre cose e risalite le scale. Una volta su, avete due alternative: rifare all’incontrario il percorso appena fatto oppure, se avete avuto l’accortezza di chiedere ai vostro migliore amico di venirvi a prendere a Frigintini (è una frazione di Modica), oltrepassate il cancello, camminate ancora un po’ e vi imbatterete nel vostro amico del cuore.
SCHEDA SINTETICA
Cava dei Servi – Valle del Tellesimo
Particolarità: Vegetazione integra e cava selvaggia
Durata: Poco meno di 4 ore di cammino tra andata e ritorno, circa 2 da San Giacomo a Frigintini
Difficoltà: E (facile)
Dislivelli da superare: Minimi
Consigliata: A chiunque abbia voglia di camminare un po’ e restare meravigliato dalla bellezza della natura