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Io sto qui

Operaincerta, 14 novembre 2005

 
Il tour organizzato dai DS siciliani per parlare, con la musica e il sorriso, di mafia e sottosviluppo

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Non sempre i partiti politici riescono a entrare in sintonia con i giovani, con i cittadini. Spesso questi ultimi subiscono in silenzio le scelte dei primi. Ci sono poi occasioni, come le primarie del centrosinistra, in cui sono invece i cittadini a dire la loro, a essere protagonisti.
Un’altra occasione in cui è stata la gente, in questo caso soprattutto i giovani, ad essere protagonista è stato il “Sicilia Music Tour 2005”, organizzato dai Democratici di Sinistra siciliani, e che ha toccato, dall’8 al 22 ottobre, quindici piazze siciliane, partendo da Marsala, passando tra le altre da Catania, Gela, Agrigento, Ragusa, per andare a concludersi a Palermo.
Un tour, presentato da Paola Maugeri (voce e “faccia” di MTV) e da Paolo Hendel (un comico che non ha bisogno di presentazioni), che è stato soprattutto musica, con i concerti di artisti del calibro dei Tinturia (il fil rouge della manifestazione, sono siciliani e hanno partecipato a tutte le serate in programma), Max Gazzè, Irene Grandi, Fiorella Mannoia, Paolo Belli, ma anche un’occasione per parlare di mafia, di sottosviluppo, di umiliazioni. Tutto con l’idea di, leggiamo dal volantino di presentazione della manifestazione, “restare qui, in Sicilia, per far sentire la propria voce, per costruire impegno e progetto, per tessere la tela robusta della nostra vita”, perché “è qui che siamo nati, abbiamo studiato, vissuto, ed è qui che vogliamo continuare a vivere da donne e uomini finalmente liberi”.
Una manifestazione, dunque, che ha fini nobili e progetti grandi. Speriamo che non siano parole e note che si perdano nel vuoto.
Abbiamo parlato di questo e di qualcos’altro con Angelo Capodicasa (il segretario dei Democratici di Sinistra siciliani) con Max Gazzè, con Lello Analfino (il leader dei Tinturia) e con Paolo Hendel.

Onorevole Capodicasa, quali sono le motivazioni che hanno spinto i Democratici di Sinistra siciliani a promuovere questa iniziativa?
Capodicasa
: Questo è un modo per riallacciarci all’ambiente giovanile e per portare un messaggio politico alle nuove generazioni. Occasioni come questa, insieme alle Feste dell’Unità e ad altre iniziative di tipo spettacolare o politico, servono per saggiare il grado di sintonia tra la nostra proposta e il sentire comune degli elettori, dei cittadini e dei giovani.

E che indicazione ne avete ricavato?
Capodicasa
: Il tour sta avendo un notevole successo, con migliaia di presenze. È stato concepito insieme alla Direzione Nazionale del partito perché la Sicilia costituisce un luogo “sensibile”, dove la battaglia con il Polo risulta decisiva ai fini del cambiamento.

“Io sto qui” sarà un’iniziativa unica o sono previsti altri progetti?
Capodicasa
: Abbiamo in cantiere una serie di iniziative per dare continuità e seguito a questo tipo di manifestazioni e di attività, magari con un contenuto più politico ma sempre con l’obiettivo di tenere viva e desta la partecipazione intorno alle proposte che noi andiamo man mano elaborando, in particolare per la cultura e per la lotta alla mafia. In occasione dell’anniversario di Pio La Torre, ucciso il 30 aprile 1982, avremo, per esempio, l’apertura di una conferenza programmatica del partito alla quale parteciperanno studiosi ed esperti ma anche, soprattutto, rappresentanti della società siciliana, uomini di scienza e di cultura, per definire il profilo con il quale il partito si proporrà agli elettori sia per le elezioni regionali che per quelle nazionali.

E voi artisti, perché avete scelto di partecipare a questa manifestazione?
Gazzè:
La mia è una scelta legata al fatto che simpatizzo per la sinistra e voglio dare un segnale, sostenere certe idee, e soprattutto far capire alla gente che il governo Berlusconi sta facendo seri danni e che a questo punto bisogna schierarsi in maniera aperta e ufficiale e interessarsi in maniera più consapevole alle scelte che riguardano il sociale e il politico.
Hendel: Perché è una bellissima scommessa, anche audace, quella di organizzare uno spettacolo itinerante e andare in giro in una terra meravigliosa come lo è la Sicilia, raggiungendo un pubblico altrimenti difficile da raggiungere. Io, ogni volta che posso, corro più che volentieri in Sicilia, sia per gli spettacoli che privatamente (vengo spesso con mia moglie per passare le vacanze insieme agli amici che negli anni abbiamo conosciuto).
Con i miei spettacoli sono stato a Palermo, a Trapani, a Messina, a Catania, con qualche altra rara puntata altrove. Ma sempre troppo poco, sempre per un giorno, al massimo due, senza continuità. Questo giro, invece, mi ha permesso di arrivare un po’ dappertutto e quindi di conoscere un po’ meglio la vostra isola.
È anche una scelta coraggiosa, perché questo spettacolo è un appello all’impegno, per prendere in mano il proprio futuro. Tutti noi, i gruppi musicali, Paola Maugeri, io, partecipiamo sottolineando l’aspetto della politica come affermazione di valori alti, di democrazia, di giustizia, di libertà, di solidarietà, la lotta alla mafia, soprattutto in posti come questi provati da anni e anni di mafia. Sono molto contento del risultato.
Ogni sera ci esibiamo davanti a un pubblico diverso e questo fatto rende non scontata ogni serata. Anche perciò penso che il tour sia importante, perché per tutti noi è una scommessa che si rinnova ogni giorno. E dappertutto abbiamo trovato un pubblico straordinario con il quale io mi sono divertito a giocare. Perché la cosa principale è riuscire a giocare e a divertirsi anche se spesso lo si fa attorno alle cose brutte della vita: si ride per togliersi dei pesi dallo stomaco. Per qualche dirigente RAI, e non solo, la satira è qualcosa di sporco, pericoloso; addirittura viene vista come un espediente per far passare chissà quale discorso politico. Per me la satira è una sana reazione alle cose brutte della vita, fra le quali c’è anche la brutta politica: si ride di tutto questo per esorcizzare una realtà negativa.
E poi, poterlo fare tutti i giorni, con uno spettacolo itinerante, con dei gruppi italiani di rock, come i Tinturia, i Negramaro, i Velvet, per me è una grande emozione.
Lello: Noi ci siamo rotti le p….e! C’è gente che, come noi, se le è rotte ma che non ha la nostra stessa fortuna, quella mediatica, quella di poter salire su un palco e dire la propria. Noi abbiamo questa fortuna (ci guadagniamo pure dei soldi) e vogliamo dire la nostra. È la cosa più bella che può capitare a un uomo, in un periodo come questo nel quale la libertà ha lo stesso valore di una carta straccia calpestata con i piedi in mezzo alla strada. E parlo sia a livello nazionale che regionale. Questo è un periodo storico nel quale tutti quelli che fanno politica, chi più chi meno, cercano solo di fare i propri interessi o dei propri familiari. E il fatto di incontrare un sacco di gente che deve stare appresso ai politici per farsi dare un posto da precari, e li deve ossequiare e ringraziare, rompe le p….e. Per cui, per tutti questi motivi, noi abbiamo deciso: prima ci mettevamo solo le canzoni e i testi, ora ci abbiamo messo anche la faccia.

Questa manifestazione, questo tour, si chiama “Io sto qui”. Che cosa significa?
Capodicasa:
Questa parola d’ordine è ben calibrata, perché può significare tante cose: io sto qua insieme ai DS e all’Unione, io sto in questa battaglia, insieme a voi, per il cambiamento della Sicilia. Ma può anche significare io sto qua, nel senso che resto in Sicilia, che non me ne vado, e che quindi, anziché fuggire o andare altrove alla ricerca di una prospettiva di lavoro e di vita, combatto qui la mia battaglia perché questa è la mia terra e qui voglio continuare a rimanere.
Quindi è una frase che ha tante facce e, credo, sia molto ben tagliata per il messaggio che vogliamo lanciare.

Ma è meglio stare qui oppure è meglio andare via per dimostrare a tutti che noi siciliani non siamo come ci dipingono?
Lello:
È meglio stare qui e andare fuori per fare concerti, ma sapendo di dover tornare a casa perché noi siciliani abbiamo un legame viscerale con la terra, con i genitori, con i nostri cari. Io vorrei poter crescere i miei figli in una terra dove ancora ci sono dei valori forti come la famiglia, e la Sicilia è uno di questi posti. Ma la Sicilia è anche una terra di paradossi perché qui, oltre all’amore per la famiglia, c’è pure la mafia.
Per fortuna, però, questa è una terra in cui c’è ancora la passione e la voglia di costruire qualcosa onestamente, non tutti i siciliani sono disonesti.
La mafia, adesso, si è evoluta e non spara quasi più. L’altro giorno parlavo con un mio amico pugliese e gli dicevo “voi, in Calabria, in Puglia, avete una mafia ancora primitiva perché i vostri mafiosi non hanno ancora capito, come invece i nostri, che è finita l’epoca delle sparatorie ed è cominciata l’epoca del terrore psicologico. Cioè, quando una persona ti sta sul c….o, tu lo intimorisci, lo intimidisci, e quell’uomo è soggiogato. Cambia il modo di imporre ma sempre di mafia si tratta! Perché se anche non uccidi fisicamente, uccidi comunque dentro. In Sicilia, i politici e i mafiosi hanno capito questo. E noi dobbiamo evitare tutto ciò”.
Io non me ne voglio andare! Voglio restare in Sicilia e voglio essere fiero e orgoglioso, e tutte le volte che me ne vado in giro voglio poter dire “io sono un siciliano senza coppola, senza baffetto (anche se i baffi io li porto) e senza lupara!”
Gazzè: Beh, anch’io sono siciliano, i miei genitori sono di Scicli (e fa una faccia come per dire “è evidente che non siamo tutti mafiosi”, ndr)! È chiaro che quello che, ad esempio, alcuni americani pensano dei siciliani è solo una specie di “leggenda metropolitana”. La Sicilia è una terra di grandissima cultura e bellezza e non è certamente quella che si vede dall’America.
Hendel: Secondo me, “Io sto qui” vuol dire soprattutto “io non me ne vado perché non posso fare le cose che voglio fare”. Poi, nello stare qui, ci sta anche l’andare via e ritornare. L’importante è sottolineare la volontà di seminare dove uno vive, di fare qualcosa di positivo, di concreto, in una regione dove troppo spesso i giovani, e non solo, sono costretti ad andare via, e gli onesti, coloro i quali vogliono fare un’attività di un certo tipo, sono costretti a fare i conti con la mafia.
Perciò non lasciamo la Sicilia, la Calabria, l’Italia, o qualunque posto in cui ci si trovi, in mano alla mafia e alle connivenze dei governi locali. Facciamo pesare con la nostra presenza, con il nostro impegno, anche con il voto, questa nostra volontà.
Questo vuol dire “Io sto qui”! Non dev’essere considerato come un limite, come un dire “io sto qua perché è meglio non andare, per paura di fare un passo oltre i confini regionali”. No! “Io sto qui” vuol dire “non accetto di dover andar via perché costretto, perchè sono nell’impossibilità di vivere la vita onestamente”. Dopo di che, io sono dell’idea che si può superare qualsiasi confine, per andare altrove a scoprire e a guardarsi intorno e tornare, magari, con un bagaglio di esperienze e di cultura. Questa è una cosa sacrosanta!
Ma anche questo è impossibile. Chi se ne va e poi vuol tornare portando le proprie esperienze positive, cercando di costruire qualcosa, si scontra con una situazione molto dura. La Sicilia è una terra meravigliosa, che ha delle cose stupende insieme ad altre spaventose. Quest’ultime ci sono laddove gli uomini hanno abbassato la guardia ed è passato il malaffare e la criminalità. Si parla di grandi opere, si parla del ponte sullo Stretto quando con il costo di un solo pilone si potrebbero risolvere tantissime cose in Sicilia, dal problema del trasporto, alla siccità, alla sanità, che qui è in una condizione vergognosa. (A questo punto cambia voce, inizia a recitare, ndr) Pensate che lo stesso Provenzano, il boss dei boss, è stato costretto, poveruomo, ad andare a Marsiglia per farsi operare alla prostata. Questa è stata una cosa vergognosa! Con tutte le cliniche che il suo amico Aiello ha in Sicilia, è paradossale che sia dovuto andare in Francia. Probabilmente glielo ha anche detto ad Aiello: “Guarda Aiello, stare qui in clinica per nascondermi, volentieri. Ma per operarmi, piuttosto vado a Marsiglia”. Detto fatto, c’è andato. (Torna serio, ndr). Ma accanto a questo, ci sono zone di eccellenza anche nella sanità siciliana. Esempi positivi, quindi, ce ne sono. Basta che ci sia la volontà politica di partire da questi esempi per crearne altri.

Le vostre canzoni sono ironiche, tu sul palco, oltre a dire delle cose serie, importanti, scherzi tanto. È questo il modo per battere la mafia?
Lello:
I nostri predecessori, grandi artisti, a partire da Rosa Balistreri per arrivare a quegli sco....nati dei Denovo (il tono della sua voce cambia, si capisce che sta scherzando e nel frattempo comincia a indicarmi con gli occhi un signore che ci sta vicino, come per dirmi “sto parlando di lui”, il signore in questione è Toni Carbone, ex bassista dei Denovo e attualmente “zio” del gruppo, ndr)…no, i Denovo non si occupavano di politica, loro erano fighetti…I nostri predecessori, ti dicevo (la voce si rifà seria, ndr), hanno adottato la tecnica del “siamo siciliani, abbiamo sofferto, siamo qui e vogliamo quello che ci spetta!”. Invece non è così: siamo siciliani ma non abbiamo sofferto. Tra quelli che conosco, pochissima gente ha sofferto, stanno tutti pressoché bene. Però ci piace parlare dei nostri problemi con ironia, pensiamo che sia la chiave migliore per poter dire la nostra. Sai, ridendo ridendo, potremmo anche mettergliela in quel posto, a questi politici corrotti.

Paolo, ma che Italia è questa, in cui i comici fanno informazione, i giornalisti fanno i politici e i politici fanno i comici?
Hendel:
Ma sai, il comico ha il vantaggio di poter dire cose che gli altri non dicono o non possono o non vogliono dire. Io mi permetto, nei miei monologhi, il lusso di dire quello che penso e di giocare partendo sempre da qualcosa che mi pesa sullo stomaco. Per me, un monologo è una sorta di seduta psicanalitica. Con la differenza però che, invece di essere io a pagare lo psicanalista, è il pubblico che paga il biglietto. Chiamalo scemo questo Hendel…
Per me, quindi, è questo: vedo la risata come qualcosa di necessario. Il bisogno di ridere, di respirare un po’ di ossigeno ridendo della cose negative della vita lo vedo come un’esigenza fisiologica.
Per questo i comici mettono le dita su argomenti tutt’altro che allegri. Il divertimento è nel rovesciare il tutto per farne, in qualche modo, un gioco comico. È questo che mi piace fare.

E a noi piace ascoltarli, ed è quello che abbiamo fatto, divertendoci, per tutto il mese di ottobre. Speriamo di poterlo continuare a fare ancora.